Testo Critico di VALERIA ARNALDI – Mostra al MACRO / C’ERA UNA VOLTA – 1° EDIZIONE

2011 / 2012

 

Il poeta errante, con cappello e sciarpa al vento, che ricorda atmosfere e sortilegi felliniani. Cavalieri, lance in resta contro le loro fantasie, pronti a combattere contro i mulini a vento di tradizione e quotidiano. E isole del tesoro che ospitano giganti di pietra, come fossero ombre di antichi spettri o solo monumentali Moai desiderosi di rivelare il segreto che custodiscono gelosamente nella pietra. Sono questi i personaggi delle fiabe pittoriche di Francesco Visalli, figure riconducibili alla concretezza di storie reali rivestite però di sguardi di illusione. Nature dicotomiche, sovrastrutture architettoniche – dove il mattone è colore, la planimetria pennello – divise tra la possibilità di sostituire l’orizzonte concreto e quello di orientarne il fantastico che lo riveste, in un gioco di compenetrazione che punta alla costruzione di un Terzo Stato, non politico ma creativo, nutrito del sangue mentale di fantasie sottosforzo, piegate alla necessità della materia per potersi dire “vere”. E credibili.

 

La costa diventa il bagnasciuga di speranze raccolte o affidate ai flutti, che partono e sempre tornano all’anima-isola che le ha create. In questo contesto, lo spirito si frammenta e si fa segreto e suo custode, pietra e suo scultore, “sorgente” perenne di un’estetica che è, prima di tutto, filosofia. Così, nel silenzio di colori abbandonati e cosmiche costruzioni d’ingegno, il cavaliere vaga alla ricerca di punti fermi che sono, in realtà, ancore aggrappate alla follia dell’esistenza.

 

Don Chisciotte diventa donna, fragile come l’alba che la illumina, pronta a d adattarsi a ogni cambiamento, rinnegando ogni limite perfino quello letterario che la ispira, facendo di un uomo energico una donna lacrimevole. E’ la doppia natura del creatore, al contempo sollevato e schiacciato dalla consapevolezza del talento di cui è voce, mano e sguardo.