Molti sostengono che nella realtà i colori non esistono, ma tutto si combina attraverso infinite tonalità di grigio.

Mi spiego meglio cercando di evitare di fare un trattato sulla fisica del colore, perché questo è un progetto pittorico.

Nel campo della fisica è esattamente così: i colori non esistono.

Non sono altro che lunghezze d’onda oppure vibrazioni con maggiori o minori frequenze: vengono percepiti dai fotoricettori centrali del nostro occhio (i coni), trasformati in segnali bioelettrici, inviati al cervello che si occupa di tradurli e interpretarli per fornirceli così come noi li vediamo (o crediamo che siano).

Newton osservò che un raggio di luce bianca se fatto passare attraverso un prisma di cristallo veniva scisso in un arcobaleno di colori. Ciò è dovuto al fatto che energie con lunghezze d’onda diverse vengono rifratte in modo diverso quando attraversano “mezzi” di densità diverse e quindi con diverse propagazioni d’onda.

Spesso i colori vengono identificati con lunghezza d’onda o frequenza. Sono due metodi di misurazione che descrivono il medesimo fenomeno con parametri diversi. Il primo misura in milionesimi di millimetro la distanza tra una cresta e l’altra dell’onda elettromagnetica. La frequenza misura il numero di onde che passano per lo stesso punto in un secondo. Alte frequenze corrispondono a lunghezze d’onda inferiori, infatti l’una è inversamente proporzionale all’altra.

la percezione del colore, quindi, è una grandezza psicofisica e soggettiva, ed è unica per ogni osservatore umano. In effetti, come facciamo ad essere sicuri al 100% che la nostra visione, con conseguente traduzione di una determinata frequenza, sia la stessa percepita da un’altra persona? Non possiamo esserlo, ma una certa garanzia ci è data dai condizionamenti imposti sin dalla nostra tenera età.

A questo punto, dopo aver asserito che i colori non esistono in condizione oggettiva, ma sono frequenze di energia e onde elettromagnetiche tradotte soggettivamente, ne deriva un secondo principio: gli oggetti, e tutto ciò che ci circonda, non sono colorati.

Se i colori sono solo la traduzione di lunghezze d’onda, i colori che vediamo nella realtà non sono altro che lunghezze d’onda riflesse e non assorbite. La luce bianca è la somma di tutte le lunghezze d’onda visibili. Una luce proiettata su un oggetto potrà essere riflessa in toto, e il nostro occhio percepirà la tonalità bianca; potrà non essere riflessa per nulla, e allora percepiremo il nero. Oppure l’oggetto assorbirà determinate lunghezze d’onda riflettendone altre: noi percepiremo il colore che l’oggetto avrà rifiutato e respinto

In campo pittorico ovviamente non è così, i colori sono colori e sono perfettamente identificabili a livello universale (a meno che non vi siano problemi di daltonismo).

Esiste invece un campo neutro che è generato dalla scala di grigio e forse questa rappresenta la pura realtà dei colori.

Infatti altro non è che la somma totale dei colori primari, i quali, mescolati, formano il nero, con l’aggiunta del bianco (luce) in maggiore o minore entità.

Tra i due estremi, bianco e nero, esiste in tal modo una infinita varietà di grigi.

Il secondo passaggio, quindi, è stato quello di ripartire dalla prima opera e di alterarne il cromatismo, togliendo ogni componente di colore e rappresentando i piani esclusivamente con colori neutri in scale di grigio. I piani che nell’opera originale erano grigi o neri, sono rimasti tali, mentre quelli nei tre colori base, sono stati convertiti nei rispettivi grigi.

Un modo pertanto diverso, alternativo, di osservare la pura realtà solo attraverso la scala di grigio.

Anche in questo caso ho successivamente ribaltato l’opera ed osservato il suo esatto contrario, compiendo la medesima operazione di inversione dei toni di grigio.