(Febbraio 2013)
Cosa mi abbia spinto ad elaborare questo studio, questo progetto, francamente proprio non lo so. L’unica cosa che sento è che non riesco a fermarmi, non posso farne a meno. E’ un fuoco ardente che mi tiene inchiodato giorno e notte. Non so perché stia facendo tutto questo, non ne trovo uno scopo o una finalità pratica, oggettiva, razionale.
Lo faccio solo per me, perché mi fa star bene e rende vivo. Come tutto quello che ho fatto fino ad oggi, da quando è iniziata questa nuova vita.
Quello che segue non è assolutamente da considerarsi un atto di “rivisitazione” di Mondrian, bensì una “visitazione”, uno studio, un approfondimento, una scoperta del suo operato.
Da qui ne deriva il titolo del progetto: VISITARE MONDRIAAN.
Non a caso ho usato il suo vero cognome, con la tipica doppia a Olandese, perché in qualche modo, con questo studio, non ho solo scoperto l’artista ma anche l’uomo: “Piet l’invisibile”
Prima di procedere alla descrizione del progetto, è opportuno ripercorrere, anche se in forma sintetica, alcuni aspetti basilari dell’astrattismo di Mondrian.
Esso si fonda su una regola principale, ossia l’esclusivo utilizzo di linee nere verticali ed orizzontali che si intersecano formando un reticolo. All’interno del reticolo, alcuni piani vengono dipinti con i soli colori elementari: rosso, blu e giallo, che si combinano con spazi di non colore, bianco.
Esistono poi alcune variabili, come l’adozione delle gradazioni di grigio o il diverso spessore delle linee o, in altri casi, l’utilizzo di piani neri.
Altra regola è che le linee non hanno fine e non vengono mai poste sul bordo del quadro (tranne in alcune rarissime eccezioni), come se l’opera potesse continuare all’infinito, oltre i confini evanescenti della tela. A volte queste linee terminano prima del bordo, o in altri casi, continuano oltre fino a percorrere lo spessore del telaio.
Ma, a parte queste particolarità, rimane la regola basilare di un reticolo di linee rette, mai inclinate o curve, e di piani dipinti nei tre colori primari.
Sembrerebbe semplice ed elementare, quasi infantile, poter realizzare opere con così pochi elementi. Ma così non è. La magia di Mondrian sta proprio nel renderle complesse e profonde, fino a creare una perfetta armonia, un equilibrio matematico, una melodia che incanta.
Questo è ancor più evidente se si osserva come, dalle prime opere astratte dove erano presenti piani di colore più ampi ed un cromatismo più ricco nei tre colori base, sia giunto, nelle ultime, ad una essenzialità disarmante. Un fondo completamente bianco, dove disporre solo linee nere e piccoli tasselli di colore, a volte anche uno solo. Sorprendentemente anche un piccolo tassello colorato diventa protagonista e forma un equilibrio perfetto nella composizione generale.
Il disegno delle linee, che formano il reticolo, sembra seguire regole auree, matematiche, quasi scientifiche. Ma in realtà l’opera risulta armoniosa, fino ad apparire come una composizione musicale, perchè l’estro di Mondrian aggiunge quegli elementi di istintiva dissonanza, da renderla geniale e vibrante.
Apparentemente così elementari e geometriche, personalmente trovo che nelle opere di Mondrian vi sia anche una forte passionalità e sensualità. La regola di contrapporre due direzioni opposte, verticale ed orizzontale (rispettivamente la spiritualità ed il materialismo) in perfetto equilibrio, mi appare come l’ideale incastro d’amore tra un uomo ed una donna che, opposti per natura come le direzioni delle linee, diventano una cosa sola fondendosi in perfetta armonia.
In altri momenti, invece, questa passionalità sembra esplodere in una sorta di “dissonanza cognitiva”, come dire: mi fido, ma sono geloso.
L’intera esistenza dell’umanità si regge su questa opposizione del contrario. Il bene e il male, il bianco e il nero ed ogni forma di forze contrapposte che si scontrano. L’una non esisterebbe se non vi fosse l’esatto contrario. Equilibrio ed armonia sono generati proprio da tale conflitto. E forse sarà per questa contrapposizione che Mondrian è passato dal realismo all’astrattismo puro.
Non voglio cimentarmi in un testo critico su Mondrian, esprimo solo le mie sensazioni cercando di evidenziare gli aspetti che mi hanno impressionato e condotto a questo lavoro.
Quello appena espresso è uno di questi.
Altro aspetto è quello dell’accostamento dei tre colori primari, che non colpisce solo a livello cromatico, ma anche a livello dimensionale. E’ la combinazione di colore e dimensione che genera equilibrio armonico nell’insieme dell’opera. E così accade che in un’opera dove vi è un grande piano rosso o blu, diventa protagonista un piccolo tassello giallo.
Ognuno di questi tre colori, poi, ha funzioni di movimento diverse: il giallo tende a dilatarsi, il blu a restringersi, mentre il rosso è statico. Due movimenti opposti ed uno neutro.
In definitiva, pur partendo da poche componenti elementari, la loro combinazione appare estremamente complessa ed articolata, offrendo infinite possibilità di composizione. Ciò nonostante, non è scontato trovare quella che generi un perfetto equilibrio.
Per fare questo credo che si debba essere in perfetta armonia con la vita, con la natura, con il cosmo. Avere un profondo equilibrio interiore, una purezza d’animo come quella di un neonato, non ancora corrotta dal mondo.
Non so se Mondrian avesse raggiunto questo stato esistenziale, ma la sua aspirazione, paragonabile a quella del Suprematismo di Kazimir Malevič, di arrivare fino “al grado zero della pittura”, lo ha portato ad andarci molto vicino (anche se, a mio avviso, è un po come cercare la fine dell’infinito).
Per Mondrian, il tentativo di raggiungere il grado zero della pittura, si compie, prima, con la distruzione dello spazio eliminando la tridimensionalità e, poi, nella esponenziale scomposizione dei piani, fino a raggiungere la massima espressione della astrazione: “arrivare più vicino possibile alla verità, raggiungere le fondamenta delle cose”. Tutto ciò non come termine ultimo, bensì come meta da dove “il tutto” può avere un nuovo inizio.
Tale auspicio Mondrian lo rivolgeva all’intera Umanità, la quale, secondo lui, ha bisogno dell’arte per poter sperimentare, anche solo momentaneamente, l’equilibrio. Ma se l’Uomo raggiungesse dentro di se una perfetta armonia, allora non avrebbe più bisogno di arte, perchè l’equilibrio è arte.
Incuriosito ed affascinato da tutto questo ho iniziato a chiedermi, cosa ci sarà dietro tanta armonia? Come è possibile raggiungere un tale stato di purezza ed essenzialità in composizioni apparentemente semplici, ma estremamente complesse? Cosa accade a queste opere se le osservo da un’altra angolazione, se le penetro, se guardo il loro retro come il rovescio di una medaglia? E se le deformo? Le altero nei cromatismi o le converto in scale di colori neutri?
Il risultato è stato stupefacente!!
Partendo dall’opera originale e rispettando esattamente la base della stessa, l’applicazione di tutte le possibili trasformazioni, dal mio punto di vista, non ne ha alterato l’armonia.
Un tale risultato potrebbe apparire quasi banale, scontato. In verità non è così riduttivo come sembra.
L’intero percorso compiuto con questo progetto, cela aspetti più profondi, intimi ed evolutivi, che tenterò di spiegare nel paragrafo successivo.
Per ora si tratta solo di un progetto grafico, ma ben presto inizierò a trasformare le immagini che ho elaborato in quadri. Un ruolo fondamentale lo avrà la tecnica pittorica e certamente anche il mio personale stile.
Avrei voluto dedicare un capitolo alla descrizione della tecnica di preparazione ed applicazione dei colori; della mescola e composizione degli stessi, nonché delle diverse texture che vorrei adottare, ma credo che in questa fase di studio progettuale, sia superfluo.
Affinchè non sembri una forma d’arte completamente studiata a tavolino, ci tengo a sottolineare che davanti alla tela, avrò le idee chiare su cosa dipingere, avrò un disegno di base ben definito, ma lascerò come sempre all’istinto decidere in che modo preparare ed applicare il colore.