Testo Critico di GIOVANNI FACCENDA per Singole Opere – Mostra Personale LONDRA 2011
Visioni 1 “Isola del Tesoro” / vision 1 “tresure island”
Il soggetto risveglia nella mente l’immagine degli enormi e misteriosi Moai dell’Isola di Pasqua. Non è tuttavia, quello, che un remoto riferimento all’interno di una visione abitata da molteplici implicazioni: singolare, fra le altre, la contrapposizione allegorica tra le figure umane chiamate al ruolo di spettatori e le sculture antropomorfe.
La radice visionaria che caratterizza un simile lavoro si manifesta con ragguardevole forza nell’originale invenzione degli spazi e, in particolar modo, di quello che ci appare come un insolito precipizio. L’enigma: dov’è il tesoro? Esiste davvero? E a quale ambito visivo appartiene?
Nel motivo, la prima idea dei volti che ritroveremo in due lavori di poco successivi: Doppiezza e Anima Gemella.
Osteria / tavern
L’azzurro che costruisce, con nobili trasparenze, un «riparo» esplicitamente mentale non riesce a mitigare la pesantezza della solitudine che evoca quest’immagine. Abbonda il nero: allaga persino il volto dell’uomo seduto al tavolo. Il bicchiere di vino rosso descritto in primo piano aiuta tuttavia a sperare: un chiarore arcano, nell’occhio del protagonista, esteriorizza l’aspettativa – che germina dai sogni – riguardo al futuro.
La pittura asseconda eloquenti riflessi memoriali: ne riverbera l’evanescente carattere dentro il plastico andamento della composizione. Il segno, diresti come un taglio chirurgico, definisce la fisionomia della figura come degli oggetti che la circondano, tutti cristallizzati in una surreale solidità geometrica.
Anima Gemella / twin soul
Sebbene il titolo dell’opera non ne dia apertamente conto, questa rimane, fin dal primo, sommario approccio visivo, tanto complessa quanto profondamente enigmatica. Nella peculiare costruzione architettonica del motivo insistono, infatti, in egual numero, dicotomie e similitudini allusive di una realtà evidentemente interiore: non sappiamo, fino in fondo, quanto tali anime siano davvero gemelle o, piuttosto, nell’una come nell’altra, echeggi il desiderio – inconscio – di stabilire quella che è soltanto una relazione vagheggiata… Albeggia, intanto, e subito si aggiunge agli altri ricorrenti, un nuovo stimolante interrogativo: Anima gemella o l’Io e il suo doppio? Emblematica, in questo senso, l’ermetica presenza di «frantumazioni» e «migrazioni» sospese, come scorie, in un fondale, ove, simbolico, appare il rettangolo di una finestra.
Visioni 3 “Ex Viale” / vision 3 “former avenue”
Viene in mente Fellini, la sua feconda immaginazione, il fascino di percorsi e ambientazioni altrettanto visionari. Visalli ci conduce per mano lungo una scala che simboleggia il difficoltoso tragitto esistenziale. Ai margini, fantastichi le donne che, in epoche diverse, lo hanno accompagnato.
Ancora un piano, sulla sinistra, frastagliato come la sua anima, dove si posa la cenere dei ricordi, la polvere del tempo che è passato. In fondo, la meta che attende il viaggiatore intrepido, l’arcobaleno a festa, a testimonianza di una burrasca ormai lontana.
Il racconto nella pittura: intenso, immaginifico e comunque evocativo di fatti che appartengono ad un vissuto autobiografico. Tra i colori, le ombre e le luci che si sono succedute, nella vita, a intervalli irregolari.
doppiezza / duplicity
Ancora una figura che sembra affiorare dal caleidoscopio della memoria o, chissà, del quotidiano. Facile e allo stesso tempo superficiale, dare subito rilievo a suggestioni cubiste e futuriste che innervano lo scheletro del ritratto. C’è, al contrario, molto altro, in questa icona della contemporaneità «costretta» a porsi, nuda, dinanzi ad una sorta di specchio potenziale: lo scavo di un autore capace di concretizzare, in pittura, intimi bisogni o remote trepidazioni, esiti ultimi di oscure dinamiche psicologiche. Ad emergere, negli spazi circoscritti dal bianco, in quelle zone franche dello spirito dove la verità divora il falso come le miserie e le contraddizioni, è, appunto, una doppiezza beffarda, persino inutile, e comunque non più necessaria in quel processo di integrazione sociale che ha reso tanto importante apparire piuttosto che essere.
Infinita Storia d’Amore/ endless love story
Un paesaggio dell’anima, livido come certi ricordi e, allo stesso tempo, ebbro di calde illuminazioni. La natura descritta – soprattutto i tronchi recisi degli alberi – trasfigura l’idea di cicatrici rimaste indelebili: frana la terra sotto i piedi, mentre acque melmose e torbide invadono e circondano l’interno di una chiesa. Un fulmine squarcia il nero sipario offerto dal cielo vestito a notte: appaiono tredici fantasmi che fanno pensare al rebus degli apostoli riuniti durante l’ultima cena. Ma chi è, in questo caso, l’intruso?
Oltre le rocce, la sagoma ciclopica di una donna compare, intanto, come una folgorazione, al volgere di un ponte – fra un prima e un dopo lontani e tanto differenti – rivisitato nella lunga scia di un curioso arcobaleno.